Annamaria Giannini, Aprilia, POESIA
28-02-2018 23:07 - Catalogo degli Artisti
mi chiamo Annamaria Giannini
la mia email è QUI
questo Dio immaginifico e fatto a pezzi,
Fosse questa la vita
abito ad Aprilia
la mia email è QUI
mi propongo nel Catalogo degli Artisti di CittaInsieme per la
POESIA
mi presento brevemente:
Nasco 52 anni fa a La Spezia, ma cresco in Sardegna (terra materna) e in Emilia Romagna. Attualmente vivo ad Aprilia. Gli anni più importanti della mia formazione sono probabilmente i sei trascorsi a Londra negli anni ´80 e gli ultimi sei nella capitale, dove prendo contatto con l´ambiente poetico contemporaneo. Attrice di teatro, performer e poeta, sono stata nominata nel libro "Aspettando Godot" di Stefano Bartezzaghi come autrice di uno dei dieci palindromi più belli del secolo. Ho partecipato a importanti festival di poesia e ideato format teatrali poetici con i quali ho girato l´Italia. Tra i tanti "Arrestate le rondini - il reato di migrare" "Iosonostuprabile" "Madre Strega" "Ti ho partorito femmina"
Collaboro con "Bibbia D´Asfalto poesia urbana e autostradale".
Miei testi sono presenti in diverse antologie.
Qui di seguito alcune mie poesie.
Lisbona
Eppure ogni persiana ha gli occhi
ruba la vita nelle strade strette
un fiume che l´argilla fa passare.
Così ascolto il pianto dell´oceano,
disegni d´ocra sulla veglia tua di madre,
il battere di tacchi sul selciato,
le notti di taverna e una signora
dai fianchi fatti d´onda, labbra rosse.
Lei si nasconde dietro un riso d´aria
ma se la cerco so dove incontrarla.
Lisbona dai capelli lunghi,
eppure ogni cuore ha un fianco insonne,
fantasmi da ascoltare sulla schiena;
poi l´eco delle mani, le preghiere
chine alla distanza che non disseta,
piove su Lisbona dai capelli rossi
lei che divide in pugni il grano buono
come a scrivere bocca su ogni spiga
la puoi trovare dove finisce il mare
si sottrae, nel bosco intimo
che non ha uscite al vento
.
.
Ho disegnato Dio
Ho disegnato un Dio dalle mille risate
che non si sgretola inconsistente, costantemente
nei pugni serrati di mani bambine, negli occhi grandi
vuoti di meraviglia, davanti a tavole sparecchiate;
dovrebbero essere aperte quelle mani,
imbandita di splendore la vita e Dio,
questo Dio immaginifico e fatto a pezzi,
questo Dio che muore esangue, senza cuore,
in ogni lingua presunto, gridato e negato,
sarebbe bello fosse una favola di pane e frutta
da offrire sottovoce ai figli, per farli addormentare.
Piccole guerre
Non ho mai visto le mani di mia madre
in preghiera se non sulla fronte di un figlio
o nelle piccole guerre contro la polvere
in un bicchiere di latte. Il suo cielo
è basso ai cardini nelle porte aperte
nell´acqua chiara mentre decide
se il cibo sulla tavola è sufficiente;
è una religione di ore spese la sua
senza lirismo, da pescare nei cerchi
che portano a sera, da scrivere
su porte di pace senza tracce
di ruggine.
Nascessimo
Nascessimo vecchi
tra le braccia di un bambino,
morissimo nella luce, minuscoli
minuscoli tra le braccia di un bambino.
Fosse questa la vita
finire a zero, in tutta la bellezza.
.
.
I morti
I morti non chiedono acqua né cura
un cimitero è affare dei vivi, mi sgomenta
la tenerezza di mani che nettano il marmo
ma rimangono in tasca se due occhi sdruciti
chiedono un morso di pane, la moneta
per un bicchiere di vino, uno sguardo, il saluto.
Chiudiamo bene le porte se è la vita che bussa:
più semplice aprire il vangelo alla morte,
battersi il petto in ginocchio sui ceci,
due soldi per un mazzo di fiori: coscienza è pulita.
Ecco, commemoriamo i morti del mare
ogni anno, la medesima data, nel tardo mattino
se altri stanno affogando, avremo più nomi da dire.
Intatta la pagnotta di grano, perché i morti
non hanno mai sete, non hanno mai fame.
Madre
Guardo mia madre
il suo corpo
che si accorcia
ad ogni pena dei figli.
Non piange mai
tutta concentrata
nell´essere ramo robusto
a non lasciare che il vento
distrugga il nostro nido.
Nulla è statico in lei
persino i silenzi
sono un canto senza posa
che ci chiama per nome.