La Cura dell’Anima: una riflessione di M.Grazia Vasta su Franco Battiato.
07-06-2021 21:55 - Testi da leggere
E' scomparso lo scorso 18 maggio ed ha lasciato un vuoto. In questo articolo, scritto per conto del salotto culturale "il Simposio" e pubblicato sul giornale Il Litorale, la nostra socia Maria Grazia Vasta esprime alcune riflessioni su Franco Battiato.
“Ti proteggerò dalle paure e dalle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai […]”
A chi ti rivolgi, Maestro? Forse a tutte le anime nobili e pure, non tagliate per la giungla del mondo moderno, con le sue competitività, corruzione e arroganza del potere, che tu odiavi, perpetrate da esseri senza Dio né filosofia? Le tue cure erano per la psiche, intese a sostenere lo spirito elevato dell’essere umano, quello che come te, non morirà mai!
Ultimamente, in realtà, Battiato affermava che la sua canzone preferita era “Le nostre anime” (album Anthology, 2015), intrisa di nostalgia per un amore passato che egli rivede dopo molti anni, con un rinnovato entusiasmo per un incontro di anime che si comprendono ancora, alla ricerca della stessa meta, in un altrove dove non c’è sofferenza:
“…verso l’immaginazione le visioni arriveranno, improvvise e impensabili… Le nostre anime cercano altri corpi in altri mondi, dove non c’è dolore, ma solamente pace e amore, amore”.
L’artista visionario s’interessava a quell’aldilà che infine ha prematuramente raggiunto.
Ma “La cura” (album L’imboscata, 1996, poi nell’omonima compilation del 2000) è il primo titolo che mi è venuto in mente nell’apprendere la triste notizia della sua morte, ancora onorata dall’aver ricevuto da giovane, in un locale del Porto di Riposto, un suo dolce sorriso e un autografo.
È forse la canzone più famosa del raffinato cantautore, filosofo, pittore e regista siciliano, che ci ha lasciato il 18 maggio u.s. all’età di settantasei anni, scritta insieme al filosofo Manlio Sgalambro, uno dei suoi più stretti collaboratori.
Considerata da molti una canzone “d’amore”, va di certo intesa anche in senso più ampio.
Si tratta di un sentimento universale che si rivolge a chiunque lo possa recepire. Egli affermava che l’ispirazione gli arrivò da una “cellula superiore” («quando si lavora a certi livelli si può avere un aiuto superiore»), per diffondere un afflato di spiritualità rivolto agli animi più sensibili, i suoi veri interlocutori, come si evincerà pure da una videointervista del 2012 in cui parlava dei suoi messaggi, a volte criptici, disseminati in molti suoi brani:
«In realtà sono certi consigli che possono essere utili a chi segue il mio lavoro e in qualche modo è interessato all’evoluzione spirituale. E, in questo senso, ci metto tutte le trappole del caso: se una persona non è ancora pronta a ricevere certi messaggi, non li può afferrare, perché c’è qualcuno che te li deve spiegare. La via spirituale è una via molto impegnativa, necessita di esperienza».
Influenzato dal misticismo orientale e dall’esoterismo, e per un periodo dal filosofo armeno Georges Ivanovič Gurdjieff, Battiato incentrava il suo pensiero nella personale ricerca di un “Centro di gravità permanente” (album La voce del padrone, 1981), attraverso la profonda autocoscienza e il lavoro su di sé, per generare uno spirito tanto alto da divenire “Anima immortale” e libera; processo che non tutti sono in grado di avviare.
Molte però sono le sue fonti d’ispirazione, dal Cristianesimo al Sufismo, fino a giungere ad una sorta di sincretismo religioso e filosofico che permea la sua eclettica cultura e che si esprimerà in vari stili musicali, dall’avanguardia sperimentale al pop, dalla canzone new wave alla musica colta e sinfonica. In realtà egli prediligeva ascoltare la musica classica che, a sua detta, lo aiutava a concentrarsi, a leggere.
Non si può inquadrare un artista di tale levatura, che ha fuso nella sua produzione poesia, filosofia e politica nelle sue accezioni più alte, come in “Povera Patria” (album Come un cammello in una grondaia, 1991), senza mai risultare banale, lasciando sempre il suo vasto pubblico affascinato e stimolato psicologicamente dalle sue ardite immagini e dalla profondità dei suoi messaggi mistici, esistenziali e poetici, come quelli di “Torneremo ancora” sulla trasmigrazione delle anime (2019, inedito di due anni prima, uscito nell’omonima raccolta di vecchi successi registrati durante le prove dei suoi ultimi concerti con la Royal Philharmonic Concert Orchestra di Londra nel 2017, diretta dal Maestro Carlo Guaitoli): “…Finché non saremo liberi torneremo ancora, ancora e ancora. Lo sai che il sogno è realtà, un mondo inviolato ci aspetta da sempre...”.
Quello stesso pubblico ora si sente depauperato della sua presenza e arricchito dal suo enorme lascito artistico. Ma egli dopo la morte voleva diventare solo “un suono” (come disse a Vincenzo Mollica) e in qualche modo ci riuscirà: l’ondata di commozione che ha investito tutta Italia, dalla sua amata Milano alle pendici dell’Etna dove aveva scelto di ritirarsi, fa presagire che la sua Musica riecheggerà ancora nella nostra testa, attraversando le generazioni, per lungo tempo.